Geopolitica del porto iraniano di Chabahar (Parte 2)

Chabahar
Chabahar Free Zone (Credits: Safa.daneshvar, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons)

Persian Files ISSN 2975-0598 Volume 4 Issue 2
Author Silvia Boltuc

Il porto iraniano di Chabahar, situato nel Golfo dell’Oman, è un progetto nato dalla collaborazione trilaterale fra Iran, Afghanistan ed India. Attraverso questo progetto l’Iran ha il suo primo porto in acque profonde collocato fuori dallo Stretto di Hormuz e lontano dalle problematiche legate alla sua stabilità, l’Afghanistan ottiene uno sbocco sul mare per i suoi commerci e l’India una rotta alternativa al Pakistan per il suo export verso Kabul e le Repubbliche dell’Asia centrale per poi raggiungere Russia ed Europa.

La seconda parte di questo report si propone di analizzare l’importanza e il ruolo del porto di Chabahar per India, Afghanistan e Pakistanattori direttamente coinvolti da questa infrastruttura insieme alla Repubblica Islamica dell’Iran.

Il porto di Chabahar nella geopolitica di Nuova Delhi

L’India ha molteplici interessi nel porto di Chabahar. Investendo nel porto iraniano, Nuova Delhi ha tentato di arginare l’espansione dell’area di influenza cinese nei mari e nei territori limitrofi ai propri confini territoriali e nella regione. Inoltre, per la crescente economia indiana Chabahar potrebbe divenire un importante hub commerciale di collegamento con i paesi dell’Asia Centrale e con l’Afghanistan, nonché accorciare le distanze con i mercati europei.

Infatti, l’accordo firmato con Afghanistan e Iran, concede a Nuova Delhi riduzioni tariffarie per le proprie merci dirette verso l’Asia Centrale che contribuirà all’obiettivo finale di raggiungere l’Europa. Considerando che i porti di Chabahar e Gwadar distano solo 172 km, l’India avrebbe l’occasione controllare le attività navali del Pakistan e la presenza cinese nel Mar Arabico e più in generale nell’oceano indiano settentrionale.

Ciononostante, l’evolversi della situazione potrebbe ribaltare il risultato atteso introducendo Pechino nell’equazione. Nel 2016, il primo ministro indiano Narendra Modi aveva promesso un investimento di 500 milioni di dollari che si andava sommando all’esborso per le opere infrastrutturali realizzate per collegare il porto: una autostrada da Delaram nel sud dell’Afghanistan a Zabol al confine iraniano e da Zabol, un’autostrada collegata a Chabahar.

Nel 2018 però l’amministrazione Trump si è ritirata dal JCPOA  ed il Dipartimento del Tesoro ha reimposto le sanzioni ai settori petrolifero e marittimo iraniano raffreddando l’interesse del settore privato. L’India, a cui nel 2018 era stato affidato il controllo del porto, a causa dello scettiscismo legato alle sanzioni non è riuscita a reperire investitori e società di gestione dei porti che potessero operare nel porto, né tantomeno aziende occidentali disposte a vendere le attrezzature europee necessarie.

Quello che doveva essere un progetto estremamente remunerativo per Nuova Delhi, che l’avrebbe connessa con i mercati dell’Asia centrale e con l’Afghanistan bypassando il territorio pakistano, ha rischiato invece di divenire un progetto milionario ad alto rischio. Pechino non ha tardato ad approfittare dell’incertezza indiana aggiudicandosi contratti per la fornitura di attrezzature cinesi al porto e tentando di subentrare nella sua implementazione. Nel 2019 il ministro degli esteri iraniano ha visitato la Cina ed il Pakistan, dove ha proposto di collegare i porti di Chabahar e Gwadar con un sistema ferroviario, proponendo che l’Iran entrasse a far parte della Belt and Road Initiative (BRI).

Behrouz Aghaei, direttore generale del Dipartimento dei porti e della navigazione per la provincia iraniana del Sistan-Baluchestan, ha sottolineato che Pechino ha scambi commerciali marittimi con 162 paesi e opera in 45 porti e che il coinvolgimento cinese potrebbe aumentare gli scambi commerciali del porto con il mondo a un livello molto significativo. Inoltre, se le discussioni in corso sul JCPOA non dovessero andare a buon fine, per l’Iran sarebbe positivo l’inserimento all’interno della BRI cinese.

Infine va considerato che l’India, che sta tentando attraverso investimenti ed infrastrutture di espandere la sua influenza all’interno dell’Afghanistan e mira ad accrescere il volume di scambi commerciali con Kabul, si scontra con l’instabilità del paese, che dopo il ritiro delle truppe statunitensi vede i talebani, ostili a Nuova Delhi e con forti legami con la controparte pakistana, guadagnare terreno.

Ma proprio in Afghanistan l’India ha ottenuto un risultato importante: il Ministero delle Miniere afghano ha assegnato la concessione per quattro dei cinque blocchi nel deposito di Hajigak a un consorzio di aziende indiane guidate dalla Steel Authority of India Ltd. di proprietà statale. La ferrovia Chabahar-Zaranj-Delaram-Hajigak, un progetto indiano-iraniano lungo 900 km, collegherà le operazioni minerarie indiane da 10 miliardi di dollari ad Hajigak, con Chabahar.

Recentemente vi è stato un cambio di rotta rispetto alla realizzazione del tratto ferroviario che da Chabahar portava a Zahedan per poi essere esteso a Zaranj. L’Iran aveva già iniziato a lavorare su una linea ferroviaria lunga 600 chilometri che collegava il porto di Chabahar a Zahedan, la capitale della provincia del Sistan-Baluchestan vicino al confine afghano.

L’Indian Railways Construction Ltd (IRCON), di proprietà statale, aveva firmato un Memorandum d’Intesa con il Ministero delle Ferrovie iraniano, impegnandosi a fornire tutti i servizi ed i finanziamenti per la realizzazione del tratto ferroviario (circa 1.6 miliardi di dollari). Ciò nonostante, l’India non ha mai avviato i lavori temendo di attirare le sanzioni statunitensi, sanzioni che già hanno portato Nuova Delhi ad azzerare le importazioni di greggio iraniano. In ultimo, l’India potrebbe, alla luce dell’accordo di 25 stipulato fra Iran e Cina, aver temuto il subentro di Pechino nel porto.

Alla luce di tale esitazione, l’Iran ha deciso di realizzare da sé il tratto ferroviario, che si stima verrà completato entro marzo 2022 utilizzando circa 400 milioni di dollari dal Fondo Nazionale di Sviluppo.

Nonostante le precedenti considerazioni, l’India ha raddoppiato i finanziamenti stanziati per lo sviluppo del porto iraniano Di Chabahar nel suo disegno di legge sul bilancio dello Stato per il 2020, dimostrando di voler perseguire nella sua strategia regionale.

Gli interessi afghani e pakistani e gli attuali accordi di commercio e transito

Il porto di Chabahar rappresenta per l’Afghanistan una via alternativa al Pakistan, vantaggiosa in termini politici, dati gli altalenanti rapporti fra i due paesi e geografici, essendo 800 Km più vicino al confine del paese rispetto al porto pakistano di Karachi.

In Afghanistan c’è un settore privato guidato da aziende esportatrici principalmente di prodotti agricoli non trasformati. Per il paese è molto importante garantire una continuità nelle esportazioni che sostengano l’economia di un paese piegato da anni di guerre e instabilità governativa. Le possibili rotte di esportazione del paese sono i porti di Chabahar e Bandar Abbas in Iran, i porti di Karachi e Gwadar in Pakistan ed i corridoi attraverso l’Asia centrale.

L’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID) ha finanziato il progetto Afghanistan Value Chains-High Value Crops (AVC-HVC) che mira a sostenere il governo afghano nel risolvere e gestire la logistica delle esportazioni del paese, aiutando a risolvere anche situazioni di stallo come quelle avvenute durante la pandemia che ha visto il Pakistan impedire il passaggio delle merci afghane chiudendo il confine con gravi ripercussioni sulle aziende del paese.

Fra Kabul e Islamabad vi è un accordo di commercio e transito (APTTA) siglato nel 2010 ed esteso nel febbraio di quest’anno di alcuni mesi, giacché decorreva la sua validità. Questo accordo consente il transito bidirezionale tra le merci afghane ed il porto di Karachi, il transito delle merci afghane verso il valico di frontiera di Wagah con l’India e l’utilizzo dell’Afghanistan come corridoio di transito per lo scambio di merci fra il Pakistan e l’Asia centrale.

Il problema dell’accordo, che ha reso necessario per l’Afghanistan volgere lo sguardo verso nuovi corridoi che escludessero il Pakistan, è che Islamabad si oppone al passaggio delle merci indiane verso l’Afghanistan lungo la rotta percorsa invece nella direzione opposta dalle merci afghane, non prevede la possibilità di ricorso legale ed in ultimo, i provvedimenti interni al Pakistan giuridicamente superano i termini dell’accordo con cui talvolta sono in contrasto, rendendoli di fatto nulli.

Inoltre, le merci possono essere traportate nei rispettivi paesi solo da camion con immatricolazione autoctona e la necessità di trasbordare le merci ai valichi di frontiera, trattandosi per lo più di derrate alimentari, rende il commercio rischioso e difficilmente sostenibile, oltre che soggetto ad attacchi della criminalità locale e delle pressioni del personale transfrontaliero.

Vi è stato un tentativo di inserire il Tajikistan nell’accordo, ma la conditio sine qua non richiesta dal presidente afghano Ghani di aprire il corridoio di transito pakistano alle merci indiane con la leva di impedire l’export pakistano in Asia centrale, ha fatto naufragare la proposta.

Per quanto le trattative siano ancora in corso, come risultato della difficoltà relazionale tra Afghanistan e Pakistan e quella di conciliare le reciproche alleanze, i due paesi hanno puntato per i loro commerci su rotte alternative. Il Pakistan ha rilanciato il Quadrilateral Traffic in Transit Agreement (QTTA) che vede la partecipazione di Cina, Kyrgyzstan e Kazakhstan, che tuttavia non gli permette l’accesso al Turkmenistan e l’Iran, ma che si inserisce nel China-Pakistan Economic Corridor (CPEC).

Per i paesi dell’Asia meridionale le repubbliche centro asiatiche sono mercati di esportazione importanti. Il Pakistan vi esporta prodotti farmaceutici per un 42,5% sulle esportazioni totali. Di contro, le repubbliche dell’asia centrale, data la loro enorme disponibilità di energia, guardano con interesse alle economie in rapida ascesa dell’Asia meridionale.

Il Pakistan sta perdendo una importante parte del mercato afghano a causa delle tensioni fra i due paesi. Il porto di Chabahar permette all’India di esportare all’Afghanistan e all’Asia centrale con prezzi che tagliano le merci pakistane fuori dal mercato. All’interno di questa rivalità, che vede India e Pakistan impegnati ad accaparrarsi i mercati centro asiatici, si inserisce anche il porto di Gwadar e le mire cinesi. Va sottolineato in ultima analisi, che i rapporti tra Iran e Pakistan sono caratterizzati da una rinnovata collaborazione in termini sia di sicurezza che di commercio.

Dal punto di vista del Pakistan, aprire il valico di Wagah alle merci indiane e accettare la concorrenza nelle esportazioni, potrebbe essere una mossa economicamente più vantaggiosa. Utilizzare l’Iran attraverso Chabahar è un percorso di gran lunga più lungo per Nuova Delhi, ma gode di un trattamento fiscale di favore e questo rischia di consacrare l’Iran come corridoio economico preferenziale nella regione, tagliando fuori il Pakistan e nel raggiungimento dell’Asia centrale anche l’Afghanistan, che presenta una geografia più aspra, collegamenti e infrastrutture meno avanzate e un problema con la sicurezza interna.

Lo stesso ragionamento può essere esteso alle merci che da Karachi attraversano il confine pakistano a Torkham e ad Aqina per giungere in Asia centrale.

L’assenza di rotte commerciali da e verso l’Afghanistan ha avuto gravi ripercussioni anche per il sostentamento del paese. Secondo alcune stime, a fine 2017 il commercio illegale di oppio rappresentava fino al 32% del PIL ufficiale dell’Afghanistan, commercio che è valso ai talebani un profitto di 116-184 milioni di dollari, mentre le esportazioni legali di beni di servizio e consumo rappresentavano solo il 7% del PIL. La crisi di dipendenza da oppiacei è esplosa dell’Asia meridionale, specialmente nelle zone del nord dell’India.

Il porto di Chabahar può risollevare in tal senso le sorti di entrambi i paesi. Anche prima della realizzazione di un collegamento ferroviario e del sistema autostradale fra il porto ed il confine afghano, l’India nel 2018 ha potuto iniziare la spedizione di 1.1 milioni di tonnellate di derrate alimentari all’Afghanistan concesse a titolo gratuito, derrate che vanno a ricostituire le tanto necessarie riserve di grano del paese con consegne veloci e costanti.


E’ possibile leggere al seguente link Geopolitica del porto iraniano di Chabahar (Parte 1) in cui viene analizzata la struttura e l’importanza per la Repubblica Islamica dell’Iran. 

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