Analisi della pipeline Goreh-Jask nello scacchiere geopolitico iraniano

Goreh Jask gasdotto
Lavori per la realizzazione dell’oleodotto di Goreh-Jask (Credits: Tasnim News Agency, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons)

Geopolitical Report ISSN 2785-2598 Volume 6 Issue 1
Autore: Silvia Boltuc

L’oleodotto di Goreh-Jask è un tassello importante nel programma nazionale iraniano di sviluppo economico che non solo favorirà la crescita del paese, ma fornirà a Teheran una leva geopolitica in grado di controllare maggiormente lo Stretto di Hormuz e contrastare la strategia statunitense nella regione.

Nel corso di una riunione sulla pianificazione nazionale, che ha visto la partecipazione dei governatori generali di tutto il paese, il Presidente Rouhani ha dichiarato che le sanzioni statunitensi sono divenute nel tempo una opportunità per il cambiamento nazionale e hanno evidenziato maggiormente le resilienza del popolo iraniano nell’affrontare una minaccia esterna. Infatti, nel corso del suo governo, l’Iran ha assistito ad importanti cambiamenti come l’espansione delle infrastrutture di comunicazione e di Internet, lo sviluppo del sistema ferroviario, l’aumento delle forniture di gas ai villaggi e di acqua potabile sostenibile per la popolazione rurale.

Il 21 marzo la Repubblica Islamica dell’Iran ha salutato il nuovo anno solare islamico. L’Ayatollah Khomeini ha designato il 1400 (secondo il calendario musulmano il cui anno zero corrisponde all’ègira, ossia il 622 d.C.) come l’anno della “Produzione, del supporto e della rimozione degli ostacoli” il cui obiettivo è quello di favorire la crescita economica del paese.

Fra le grandi opere che si inseriscono in queste politiche troviamo l’oleodotto di Goreh-Jask che porterà il petrolio dalla provincia sud-occidentale di Bushehr, nella contea di Genaveh, al terminal di Jask, passando per le province di Fars e Hormuzgan. L’infrastruttura di 1000 chilometri e 42 pollici di diametro, la cui costruzione ha richiesto un esborso di 2 miliardi di dollari, permetterà alla Repubblica Islamica di aggirare l’annosa questione dello Stretto di Hormuz trasferendo la maggior parte delle esportazioni petrolifere che ad oggi passano attraverso il Golfo Persico al Golfo dell’Oman.

Secondo le previsioni, il progetto consentirà il trasferimento dal terminale portuale di Jask di un milione di barili di petrolio al giorno. L’opera include 5 stazioni di pompaggio, 2 stazioni e terminali di pigging e 20 serbatoi con una capacità di 10 milioni di barili di petrolio oltre a strutture offshore per l’esportazione.

Il presidente iraniano ritiene che la continuità delle esportazioni, non più soggette a sanzioni o alla sicurezza dello Stretto di Hormuz, creerà un clima di maggior fiducia negli acquirenti del petrolio iraniano.

Lo Stretto di Hormuz è una via d’acqua che divide la Penisola Arabica dalle coste dell’Iran e attraverso cui passa quasi un terzo del commercio di petrolio mondiale. La quasi totalità del petrolio iraniano viene estratta nei pressi del Golfo Persico, caricato sulle petroliere nell’isola di Khark, a 25 km dalla costa del paese, e trasportato attraverso lo Stretto di Hormuz verso il Golfo dell’Oman, da dove può essere esportato liberamente. È facilmente intuibile come la minaccia già verificatasi di una chiusura dello Stretto ha influito sulle esportazioni iraniane.

Con la costruzione del nuovo oleodotto l’Iran ha un notevole vantaggio geopolitico poiché non solo si è assicurato una rotta d’esportazione sicura, potendo accedere alle acque internazionali, ma ha guadagnato la leva per poter creare disagio nelle esportazioni degli altri paesi all’interno dello Stretto senza più inficiare le proprie.

Il vantaggio sarà anche economico e logistico. Non solo le esportazioni saranno continuative, il ché dovrebbe incoraggiare gli investitori stranieri ad acquistare dal paese, ma la distanza che le petroliere devono percorrere verso i mercati di consumo si ridurrà cospicuamente portando ad un ingente risparmio. Vi sarà la creazione di nuovi posti di lavoro e inoltre il progetto permetterà di aggirare le sanzioni statunitensi e di evitare la costante presenza militare di Washington all’interno dello Stretto di Hormuz.

Goreh Jask pipeline map
Carta geografica dell’oleodotto iraniano di Goreh-Jask (Credits: Salar-Faraji 2001CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons)

Il terminale di Jask ricopre una grande importanza anche per lo scambio di petrolio con i paesi del Caspio e la ricezione del gas turkmeno per ulteriori esportazioni. Infatti, l’oleodotto sarà collegato alla raffineria Gulf Star che consentirà l’esportazione non solo di petrolio ma anche di condensa di gas da Jask. Infine, è altrettanto importante notare che il terminal si troverà vicino ad uno dei principali nodi di collegamento del Corridoio Internazionale di Trasporto Nord-Sud (INSTC), una rete di rotte fra India, Iran, Afghanistan, Armenia, Azerbaijan, Russia, Asia centrale ed Europa.

Fra i cofinanziatori del progetto vi sono diversi enti stranieri, fra cui i russi della Sberbank (una banca di stato), della società di sviluppo statale VEB e della compagnia ingegneristica Rosneftegazstroy, l’azienda ingegneristica tedesca Marcon Ingenieurgesellschaft, e l’azienda greca Archirodon che fornisce servizi relativi alla costruzione e manutenzione di infrastrutture marittime. Il CEO della iraniana Petroleum Engineering and Development Company (PEDEC) ha affermato che la realizzazione dell’oleodotto è progredita dell’80%.

Conclusioni

Questo progetto è esemplificativo delle politiche di potenziamento del settore petrolchimico perseguite da Teheran e avrà importanti ripercussioni sia per l’economia del paese, assicurandogli esportazioni costanti, sia per gli equilibri geopolitici della regione. Benché gli esperti ritengano improbabile una chiusura dello stretto di Hormuz da parte dell’Iran, non bisogna sottostimare l’impatto che questo potrà avere sui mercati energetici. Come si è visto nel recente passato, infatti, solo la minaccia di un possibile conflitto si è tradotta in un considerevole aumento dei prezzi.

Inoltre, le tensioni fra i paesi del Golfo e la Repubblica Islamica dell’Iran sono in crescita. La corsa al nucleare, in particolar modo le politiche perseguite da Riyadh con il supporto cinese e la normalizzazione dei rapporti con il rivale storico israeliano, sono percepite da Teheran come una minaccia alla sicurezza interna.

Anche i rapporti con gli Stati Uniti sono tesi: le sanzioni statunitensi hanno pesantemente colpito il paese già gravato dalla crisi pandemica. In aggiunta, Washington guida una delle due coalizioni che sorvegliano la sicurezza nelle acque dello Stretto di Hormuz, che vede coinvolti fra gli altri i paesi del Golfo e diversi paesi europei, tanto che Teheran ha più volte avviato colloqui con Mosca nel tentativo di formare una coalizione a sua volta.

In conclusione è possibile affermare che l’Iran, non più dipendente dallo Stretto di Hormuz per le esportazioni grazie all’oleodotto Goreh-Jask, potrà aumentare l’espansione della presenza dell’esercito regolare iraniano e del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche nell’area tramite la costruzione di infrastrutture chiave in previsione di un possibile scontro nella regione.

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